Potremmo definire i Disturbi dell’Alimentazione come l’insieme di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta (Fairburn et al 2003). Le caratteristiche principali di questi Disturbi sono:
In generale quindi, nei DA c’è, un’eccessiva valutazione del peso e delle forme corporee e/o del controllo alimentare. L’insieme di questi fattori e il loro perpetuarsi nel tempo, creano e alimentano il quadro clinico tipico di questi disturbi, contribuendo a mantenere questo schema disfunzionale.
Nel DSM 5 (Manuale diagnostico dei Disturbi Psichiatrici) i disturbi in questione vengono denominati Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, e comprendono:
Si stima che disturbi alimentari in forma leggera siano estremamente comuni, specialmente tra le adolescenti e le giovani di età compresa tra i 14 e i 30 anni. La Bulimia Nervosa colpisce circa il 4.5% delle giovani donne, mentre l’Anoressia è più rara (1%). Il 2-3% della popolazione soffre di Binge Eating.
Anche in questo caso, non c’è un un’unica causa scatenante, bensì, la causa è data dall’interazione di più fattori:
Il percorso terapeutico –riabilitativo in questi casi, è abbastanza complesso, in quanto, vengono coinvolti sia gli aspetti psicologici e psicopatologici, sia quelli clinico-nutrizionali, metabolici e fisici e sia quelli socio-ambientali. Si tratta di un intervento che va calibrato a seconda dello specifico disturbo alimentare dal quale la persona è affetta, del differente decorso, della gravità e complessità del quadro clinico e delle varie fasi di questo percorso.
Ciò significa che il trattamento psicoterapeutico deve essere affiancato da una regolare valutazione delle condizioni fisiche che comprenda la misurazione del peso corporeo e di specifici parametri, in grado di segnalare un eventuale aumento del rischio per la salute fisica. La riabilitazione nutrizionale è un obiettivo fondamentale di questo percorso di cura. Potrebbe ritenersi necessario, in base al caso specifico, l’utilizzo di un intervento farmacologico.
Come intervento psicoterapeutico, quello indicato con la maggiore evidenza scientifica è l’approccio Cognitivo-Comportamentale, attraverso cui sarà possibile identificare e ristrutturare i pensieri disfunzionali alla base del disturbo, e modificare le strategie altrettanto maladattive che mantengono il quadro sintomatologico.
Anche la Dialectical Behavior Therapy (DBT), il protocollo specifico per lavorare proprio sulla disregolazione delle emozioni e degli impulsi, si è rivelato molto utile ed efficace in questi casi.
Dr.ssa Josephine Calefati
Psicologa Psicoterapeuta a Fasano (BR)